Attenzione selettiva

Ascolto selettivo, ecco come il cervello seleziona i suoni

Anche in pieno chiasso riusciamo a concentrare l’attenzione soltanto sulla voce del nostro interlocutore: ma il cervello come ci riesce? La spiegazione degli esperti.

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Se nonostante la confusione della festa riuscite a distinguere le parole dei vostri amici, ringraziate l’effetto cocktail party. Photo credit: © PBNJ Productions/Blend Images/Corbis

Siete a una festa molto affollata e state chiacchierando con un intelocutore che, nonostante la confusione, insiste nel raccontarvi tutto quello che gli è accaduto negli ultimi 6 mesi. Eppure, anche in mezzo al gran baccano, riuscite perfettamente a distinguere la sua voce, che vi tedierà per i prossimi 40 minuti. Vi è mai capitato?
Il meccanismo mediante il quale il nostro cervello riesce a discernere solo il suono a cui vuole prestare attenzione anche in un contesto affollato e rumoroso come una classe, un evento sportivo o un bar è chiamato dagli esperti “effetto cocktail party”. Ma come funziona?

Per indagare questo fenomeno alcuni ricercatori dell’Università della California (San Francisco) hanno monitorato l’attività del lobo temporale – sede della corteccia uditiva – nel cervello di tre pazienti affetti da epilessia. Parte del trattamento chirurgico di questo disturbo consiste nel localizzare le aree cerebrali che causano le crisi epilettiche, così sulla corteccia cerebrale dei tre soggetti è stata posizionata una maglia di 256 elettrodi utile per tracciare in modo molto preciso i pattern di attivazione corticale. Nel corso di una serie di esperimenti, ai partecipanti è stato chiesto di ascoltare le registrazioni simultanee di due diversi stralci di discorso pronunciati da due voci differenti, una maschile e una femminile, e di focalizzare l’attenzione su una sola di queste.

I segnali di risposta registrati dai singoli elettrodi sono quindi stati rielaborati grazie a un complesso algoritmo che ha permesso di ottenere lo spettrogramma della voce udita dai partecipanti attraverso i pattern di attivazione cerebrale. Con sorpresa, i ricercatori hanno scoperto che gli spettrogrammi ricostruiti corrispondevano alla voce di un singolo speaker, quello a cui i volontari stavano prestando attenzione. In altre parole, le risposte neurali della corteccia uditiva non primaria – quella dove si elaborano le informazioni sonore più complesse – riflettevano solamente le parole del discorso prescelto, come se il soggetto stesse ascoltando una singola registrazione e non due registrazioni simultanee: «La rappresentazione di quello che ci viene detto nella nostra corteccia cerebrale non corrisponde a quello che viene effettivamente udito, ma corrisponde invece solo a quello che vogliamo sentire. Il resto viene ignorato come rumore di fondo» ha spiegato Edward Chang, neurochirurgo a capo dello studio, pubblicato su Nature.

Capire come il nostro cervello seleziona i suoni da ascoltare potrebbe avere nuove, utili applicazioni nello studio dei deficit attentivi, dell’autismo e dell’apprendimento del linguaggio. Inoltre, i risultati di questo studio potrebbero aiutare a sviluppare interfacce di riconoscimento vocali più efficienti, che sappiano discernere la voce che pronuncia il comando dai rumori in sottofondo (una abilità in cui gli esseri umani eccellono, e che invece si rivela una vera impresa per le macchine).

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